„Quando nel 1929 ottenni una borsa di studio per Roma, partii deciso a restare lì a lungo, magari anche degli anni, e mi portai appresso tutti gli strumenti per lavorare. Naturalmente l’Italia ebbe un impatto incommensurabile su di me, non solo i musei e i tesori d’arte, ma tutta la vita vivace e leggera, il paesaggio italiano che riserva numerose sorprese, il cielo italiano infinitamente profondo, tutta l’atmosfera italiana. Dopo un paio di settimane, una volta preparato ogni genere di disegni e schizzi preliminari, arrivò anche il momento di iniziare a dipingere un soggetto prescelto; quindi, munito di cavalletto, cassetta e tele andai in via Aureliana. Tribolai, soffrii, faticai, ma senza riuscire a ricavare nulla; a quel punto, disperato, smisi. In quel momento capii che, anche se mi piaceva molto quel paesaggio, c’erano tante cose che mi deliziavano, ma dal punto di vista del lavoro mi interessavano solo il paesaggio di casa, l’ambiente locale e gli ungheresi che mi coinvolgevano interiormente, e solo con i motivi della mia terra potevo realizzare lavori apprezzabili, perché ero diventato tutt’uno con loro, avevo imparato a conoscere la loro essenza più intima attraverso me stesso.”/ Szőnyi, Confessioni/
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