”A quel punto mi sono reso conto che la cosa più importante non era la costruzione di palazzi, come palazzo Strozzi e palazzo Farnese, ma la grande capacità compositiva degli italiani, il modo in cui sono riusciti a integrare le loro città nel paesaggio naturale al di là di tutti gli stili. Non è un caso vedere all’improvviso una città che sembra cresciuta sulla montagna, come fusa con essa, cosa che è per me, da quando ne ho constatato l’esistenza, la massima espressione dell’attività edificatrice. Per esempio, dalla piazza principale di Anagni si può vedere tutta la collina, le dimensioni della piazza sono perfette in rapporto all’altezza degli edifici, e questo mostra che le diverse strade, piazze e talvolta anche le piante sono state composte nel paesaggio (…) E quando si cammina per strada spesso si vede spiccare un filare di alberi sempre piantati in modo tale da disegnare sullo sfondo del cielo le forme caratteristiche dei pini. Gli alberi sono sempre piantati lungo il crinale. Ciò serve alla fruizione del paesaggio in termini di composizione artistica, ma non tra forme geometriche alla maniera di Le Notre, ma in tutta libertà, come per enfatizzare le formazioni del paesaggio e della terra. Dunque in questo, per me, ha consistito la grande esperienza del viaggio in Italia. Un abbraccio e un baciamano, Pista Szőnyi
Un brano della lettera di Szőnyi a Ferenc Vadász, Zebegény, 27 marzo 1960
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